ROUND 12 - LA CHIAMATA
È il 13 Maggio 2016 e sono le 16.21. Suona il telefono. Quel giorno non sono andato a scuola, ho passato la mattinata a dormire e il pomeriggio pure. Il telefono continuava a squillare. Provo ad ignorarlo, ma è proprio insistente, Ok, vediamo chi è. 02, Milano. Call center insistente o ho combinato qualche casino in Lombardia?
“Pronto? Sono Peter.”.
“Ciao, sono Angelo di Bullfrog. Che fai? Vieni?”.
Se due anni fa mi avessero nominato Bullfrog, io avrei risposto: “Sorry, don't speak English!”. Invece quel pomeriggio in cui mi arriva la telefonata, Bullfrog è il mio sogno. Bullfrog, in quel momento, è la barberia più cool d'Italia, Bullfrog è un luogo di classe che non ha perso lo spirito di un posto riservato solo agli uomini. Bullfrog è soprattutto per me il posto dove, da un anno e mezzo, lavora Gino Coviello.
Gino Coviello è del 1996, viene da Castelforte, dove il Lazio già si confonde con la Campania e ha frequentato la mia stessa Accademia di Terracina. Solo che lui ha iniziato a 16 anni, io a 25. Quindi quando lui inizia a lavorare da Bullfrog a Milano, io sono solo un “giovane sbarbato” e dopo un anno, quando lui è già diventato una “star” (NO WAY, Gino è il numero 1 dei barbieri per me), io sogno di diventare come lui e ripercorrerne la strada. Gino ha tutto: sa tagliare, ha stile nella postura (importantissimo per un barbiere), una determinazione feroce di chi vuole essere il migliore a tutti i costi, anche a costo di sacrificare un pezzo di gioventù andando a vivere da solo, a 19 anni a Milano, per inseguire il suo sogno. A volte mi sento come il tifoso di calcio, che a 40 anni ha il poster in cameretta del calciatore di 20, ma io Gino Coviello lo stimo sul serio. Mi ha insegnato tanto e io gli ho rubato tanto del mestiere. Gli voglio bene ma un giorno, vicino o lontano, gli farò il culo!
“Ciao, Peter! Sono Angelo di Bullfrog. Allora che fai, vieni su per una prova?”.
Grazie a Gino il mio curriculum è arrivato a Milano, da Bullfrog. Ho chiesto a Gino di non “spingere” per me, sono il più piccolo (ricordate no?), sono quello che ha cominciato tardi sto lavoro, ma le cose voglio guadagnarmele.
“Ciao Angelo, certo che salgo!”.
“Perfetto! Giovedì prossimo alle 15. Ci vediamo in Accademia Bullfrog. Sai dove si trova?.
Quel luogo me lo sogno la notte, ma faccio il vago: “Uhm, sì la troverò!”.
“Allora ci vediamo lì. Porta un modello e il tuo taglio migliore!”. Click.
La settimana che mi divide dalla prova la passo tra cazzeggiare a scuola per farmi passare l'ansia (non smetterò mai di ringraziare i direttori di scuola, che mi hanno sempre riservato un trattamento diciamo così “speciale”) e trovare un modello con una lunghezza di capelli decente da portarmi a Milano.
Due giorni prima della partenza arriva il panico! Il mio modello non può venire e io rischio di far saltare l'occasione più grande della mia vita. Per fortuna ci pensa Gino da Milano a trovarmelo, io mi tranquillizzo, inizio a preparare le valige e penso che in fondo è bello avere un'altra famiglia. Grande Gino!
Il Giovedì, puntuale, sono a Milano, esco dalla Metro e mi ritrovo davanti il simbolo di Milano, il Duomo. Lo guardo e sorrido pensando alla prima volta che ci sono entrato. Mi ci trascinò Alessandro, il direttore di scuola. Io, che non sono un “tipo studiato” me ne uscii con: “Ma che roba è? Una chiesa? Se lo sapevo non ci entravo!”. Alessandro si incazzò, dimenticandosi anche lui che eravamo in una chiesa. L'ennesimo cazziatone, ma tanto Ale si incazza sempre.
Diritto verso Bullfrog, l'Accademia, mi aspettano tutti i direttori tecnici di Bullfrog: c'è Gino, c'è Martina, di cui ho sentito parlare da Gino. C'è il mio modello, pronto a farsi azzannare da me. Sono carico, si parte, ma dopo pochi secondi comincio a sentire la paura. Non ho mai provato quella sensazione di pressione come quando si sta sotto esame, adesso però la sento e non va bene. Mi tremano le mani, Gino se ne accorge e dà chiacchiera agli altri, forse per distrarli e permettermi di recuperare, forse perché è solo un cazzone e basta. Calma Poto. Devo inventarmi qualcosa o qua finisce tutto a puttane. All'improvviso mi immagino di non essere a Milano, di non essere da Bullfrog e di non avere intorno a quelle persone. Sono a Terracina, a scuola, è pomeriggio tardi e sto tagliando i capelli ad uno dei miei amici. Devo estraniarmi, devo tornare in una situazione a me famigliare. A scuola mi sono sempre sentito a casa, immagino, mi concentro sul taglio. All'improvviso non sento più le voci intorno (non parlano o sta davvero funzionando?), il sangue torna a scorrere in periferia, le mani non tremano più, ma cominciano a funzionare. Faccio fumare quelle cazzo di forbici! La macchinetta vola sul pettine come un paio di sci sulla neve. La forbice e la macchinetta: i simboli del mio riscatto. Martina mi ha concesso 30 minuti per il taglio. Fermerò il cronometro a poco più di 28. È andata, il taglio è finito. Adesso mi tocca il giudizio. Sono soddisfatto di come ho tagliato, ci vedo solo una piccola imprecisione e infatti, quando mi chiedono un parere su come fossi andato, lo dico subito. Non voglio fare lo sbruffone e infatti lo apprezzano. Come ad “Italia's Got Talent”, ognuno di loro dà un parere sul taglio. Per Gino è ok, per gli altri è ok, manca Martina. Gira intorno al mio modello, lo scruta alla ricerca di imperfezione, mi mette soggezione, ma forse è solo la mia impressione. Mi fa notare l'imprecisione che avevo già dichiarato. Ahia. Silenzio. Ari Ahia. “Anche per me è ok. Faccio i complimenti a te e alla tua accademia. Benvenuto in Bullfrog!”. E' fatta, ho l'en-plein di consensi, ho raggiunto l'obiettivo, ho la chiave per riscattare la mia vita. Peter Potolicchio, nato a Torre del Greco nel lontano 1989, un'infanzia spostata a spostarsi di città in città, due genitori separati, tanti casini combinati, il più piccolo tra i grandi. È proprio quando capisci che sei il più piccolo, è quello il momento in cui devi dimostrare di avere il cuore più grande. E il cuore diventa grande quando giochi, prendi tante botte e ogni volta ti rialzi sfidando chi te le ha date. 1 Agosto 2016: sarò a Milano in via Dante, in uno dei tre negozi di Bullfrog. Non andrò a tagliarmi i capelli, non andrò da cliente, vado per lavorare, quel giorno inizia il mio contratto di lavoro: sarò una fottuta rana-toro! Guarda il destino: un animale piccolo, apparentemente indifeso, ma cazzuto come un toro da combattimento. Questo per ora è il 12esimo round dell'incontro di boxe che è stata fino adesso la mia vita. Questo incontro io l'ho vinto e di certo non mi tolgo i guantoni.