ROUND 12+1 (il gong non è la fine)
Eh no, la vita non è propriamente un incontro di boxe. O meglio: possono esserci parecchie analogie, ma la vita non ha mai 12 round e basta. Signore e signori, questo è l'inesistente 13esimo round.
Milano è grande, caotica e costosa. La vita di coppia, con Gino, compagno di casa oltre che di lavoro da Bullfrog, scorre tra “lasciami-casa-che-devo-trombare-con-una-tipa” e “Elvis ha cagato sul letto!”. Elvis, per capirci, è il bulldog francese di Gino. Bel cane, simpatico, mi vuole e gli voglio bene, ma viviamo in 15 metri quadri in tre!
Un disastro.
Lavoro? Tutto bene, grazie, ma l'impatto con una grande realtà non è di certo facile.
Bullfrog gira come un orologio svizzero, siamo sempre pieno con gli appuntamenti, dopo un paio di giorni di formazione, durante i quali guardo e non taglio, mi affidano la poltrona e comincio a sgomitare. Si perché da Bullfrog sono tutti BIG, sono tutti forti, a tagliare, a parlare coi clienti, a vendere. All'inizio sono un po' intimidito, poi capisco che devo tirare fuori le palle, far uscire il carattere, ma è proprio in quel momento che nascono i problemi. Sembra di stare in una grande squadra di calcio in cui sono tutte “stelle”, nessuno accetta di fare il gregario, io tanto meno. Inizio a litigare con tutti, pensando che sia una buona idea per farmi rispettare e riuscire ad impormi. Male male.
Per tutta risposta anche Gino comincia a mostrare malessere. Colpo di scena: dopo quasi due anni che lavora lì, Gino presenta le dimissioni! Non sa di preciso cosa farà e dove andrà, se ritornerà a casa, a Castelforte, oppure rimarrà a Milano, o Roma, o Dubai! Non me l'aspettavo questa, scapoccio di brutto e do le dimissioni anche io!
Non riesco a lavorare serenamente, probabilmente è colpa mia, le personalità forti che ci sono lì dentro schiacciano la mia (sono pur sempre alla prima vera esperienza lavorativa tutto il giorno – tutti i giorni). Via, dimissioni, il posto che avevo tanto sognato e voluto forse non era quello adatto a me. Finisce la mia storia d'amore con Bullfrog.
Gino parte da Milano, se ne torna a Castelforte per una “pausa di riflessione”. E io? Resto a Milano, sono senza lavoro e con pochi soldi in tasca. Si ricomincia. Ecco i dubbi, quasi demoni che mi assalgono: e se avessi sbagliato tutto? E se non avessi dovuto mollare il lavoro “sicuro” alla Doma per questo “gioco” di diventare un barbiere? Paranoie di brutto. Ma c'è una cosa che mi riesce bene nella vita: quando sto a terra, senza lavoro, senza soldi (e magari coi debiti), in quel momento riesco a dare il meglio di me. Riesco a mangiare con 5 euro al giorno, contrattando kebab+bibita a prezzo scontato col kebabbaro sotto casa. Riesco ad entrare GRATIS a San Siro, con biglietti di tribuna VIP (rimediati, ovviamente) per l'amichevole di calcio Italia-Germania. Soprattutto riesco a farmi venire un'idea: chiamo la mia Accademia giù a Terracina e chiedo aiuto per trovare un altro lavoro, possibilmente a Milano, che non voglio lasciare. Esce fuori che c'è un imprenditore (o parrucchiere? Per telefono non ho capito bene) che va forte a Roma (ha aperto 9 barberie in 26 mesi con il marchio “Machete”), si chiama Danilo e pare che stia per aprire una barberia anche a Milano. Dalla mia vecchia Accademia mi consigliano di inviargli un curriculum. Proviamo.
Danilo mi richiama il giorno dopo. Colpo di culo: sta per salire a Milano e mi chiede di vederci 2 giorni dopo, con un invito a cena che accolgo con entusiasmo. Eh sì, perché da una settimana sto mangiando pasta col burro (sono al verde, anzi peggio) e da domani sarà finito il burro. Quella di mangiare a ristorante è una grande notizia! Ok, tutto deciso, fra 2 giorni colloquio di lavoro. E si mangia a ristorante. Alt, mi assale un dubbio tremendo. Chi paga? E se poi a cena si divide il conto? Io che cazzo divido? Rabbrividisco al pensiero e mi affido alla mia buona stella. Vado a prepararmi la pasta. Senza burro.
Arriva giovedì, giorno dell'appuntamento. Siamo a fine Novembre, a Milano fa quel freddo a cui un terrone non si rassegna e io per arrivare sul luogo dell'appuntamento scelgo di prendere il motorino. Per quanto puoi coprirti, mi sto gelando anche le palle! Su via Torino mi sorpassa un taxi, io tutto raggrinzito, il passeggero del taxi mi guarda con una espressione di dolore sul volto. Sta condividendo il mio freddo, chissà chi è. La scena è fantozziana: lui al caldo nel suo bel taxi che guarda, stranito, che accellera infreddolito col motorino.
L'appuntamento è al ristorante cinese in Via Dante. “Pronto Danilo, sei dentro?”. Indovinate un po' chi era il passeggero del taxi? Piacere Peter, Piacere Danilo Foresi. Segnatevelo, è il nome del personaggio chiave del 13esimo inesistente round della mia storia. Dalla chiacchierata suppongo che a Danilo piacciono i personaggi del tipo “non-ho-niente-da-perdere” e “dammi-una-barca- e-io-affondo-con-lei” quale io mi sento, deve solo darmi fiducia e io farò squadra. Mi travolge come un fiume in piena di chiacchiere, tutte positive, mi racconto della nascita di Roma (9 barberie in 26 mesi, mica scherza), dei progetti futuri, della filosofia di vita, di tutto e di più. Sprizza passione da tutti i pori, è una batteria umana che mi ricarica e mi ridona energia dopo le ultime settimane così e così. Mi sto innamorando.
Prima del colloquio (questo me lo dirà successivamente), dopo aver chiesto referenze su di me alla mia Accademia a Terracina, Danilo avrà avuto già le idee chiare: questo lo porto con me a Roma, Peter lavorerà con me. Sicurezza o spavalderia, ma alla fine della cena mi avrà convinto. Il Sabato faccio le valigie, prendo il treno, direzione Roma. Ah, importante: il conto a ristorante, pagato tutto lui.
In realtà il primo accordo sarebbe di cominciare a lavorare a Roma, per poi tornare a Milano per seguire l'apertura del primo Machete al nord. A Roma però riesco ad ambientarmi in fretta: il clima in barberia è rilassato, si lavora tanto. Ci ripenso: salgo a Milano per liquidare le ultime faccende (tipo l'affitto della casa che stavo continuando a pagare), impacchetto le mie cose e le spedisco giù a Roma. Ormai è deciso: la mia vita riparte dalla Capitale.